29 dicembre, 2011

Dissection, The Somberlain (1993)


  1. Black Horizons - 8:10
  2. The Somberlain - 7:05
  3. Crimson Towers - 0:49
  4. A Land Forlorn - 6:38
  5. Heaven's Damnation - 4:40
  6. Frozen - 3:44
  7. Into Infinite Obscurity - 1:05
  8. In the Cold Winds of Nowhere - 4:20
  9. The Grief Prophecy / Shadows Over a Lost Kingdom - 3:29
  10. Mistress of the Bleeding Sorrow - 4:34
  11. Feathers Fell - 0:41

Jon Nödtveidt - Voce, chitarra
John Zwetsloot - Chitarra
Peter Palmdahl - Basso
Ole Öhman - Batteria

L'esordio dei Dissection. Il lavoro che ha consacrato questi svedesi tra i cardini del black / death metal. Vuoi per la data di pubblicazione strategica, vuoi per la sua struttura tessuta da mille e più particolari che alla fine risulta semplicissima, ma parliamo di quello che molti considerano uno dei migliori dischi estremi degli anni 90'.

27 dicembre, 2011

Deströyer 666, Phoenix Rising (2000)


  1. Rise of The Predator - 04:05
  2. The Last Revelation - 02:25
  3. Phoenix Rising - 03:57
  4. I Am the Wargod (Ode to the Battle Slain) - 07:33
  5. The Eternal Glory of War - 05:20
  6. Lone Wolf Winter - 06:37
  7. Ride the Solar Winds - 04:52
  8. The Birth of Tragedy - 05:19

K. K. Warslut - Voce, chitarra
Ian “Shrapnelˮ Gray - Chitarra
Bullet Eater - Basso
Deceiver - Batteria

Sul metal australiano hanno tutti qualcosa da dire. C'è chi lo eleva ad uno degli apici dell'espressività e reale quintessenza del panorama estremo, c'è chi lo disdegna con altrettanta facilità. Phoenix Rising è volente o nolente un grande classico di questo plateau, considerando anche l'accoglienza ricevuta dalla critica (potete notare la varietà di voti che gli viene data da Metal Archives), ma qua, cerchiamo di essere obbiettivi.

26 dicembre, 2011

Anorexia Nervosa, Redemption Process (2004)


  1. The Shining - 05:29
  2. Antiferno - 06:47
  3. Sister September - 06:33
  4. Worship Manifesto - 05:29
  5. Codex-Veritas - 07:07
  6. An Amen - 07:28
  7. The Sacrament - 06:41

Stefan Bayle - Chitarra
Pier Couquet - Basso
Hreidmarr - Voce
Nilcas Vant - Batteria
Neb Xort - Tastiere

Processo di redenzione. Questo è l'ultimo full lenght dei francesi Anorexia Nervosa, dopo il quale si ritroveranno ad essere inattivi. Se mai si avrà la conferma che sarà definitivamente l'ultimo, sarà deglo di essere un gran finale: Il comportamente guerrigliero black metal è commistionato egregiamente con l'orchestrazione e l'epicità degli archi, dei cori e delle trombe, e dona forma ad uan visione di una carica solenne e distruttiva.

Negurǎ Bunget, Om (2006)


  1. Ceasuri Rele - 03:07
  2. Țesarul de Lumini - 12:48
  3. Primul Om - 04:22
  4. Cunoașterea Tăcută - 07:11
  5. Înarborat - 06:22
  6. Dedesuptul - 06:39
  7. Norilor - 03:00
  8. De Piatră - 05:36
  9. Cel Din Urmă Vis - 10:03
  10. Hora Soarelui - 05:55
  11. Al Doilea Om - 02:03

Hupogrammos - Voce, chitarra, tastiera, tulnic
Sol Faur - Chitarra, tastiere
Negru - Batteria, percussioni

“O. “Uomoˮ. Un viaggio enigmatico nell'essenza primaria di se stessi, difficile da scrutare. Circondato dal vento dei carpazi che ulula impetuoso, questo rituale arcaico ha luogo e impregna di misticismo l'animo dell'ascoltatore, illuminandolo e portandolo ad una sorta di rinascita nella natura primordiale.

24 dicembre, 2011

Gnaw Their Tongues, Per Flagellum Sanguemque, Tenebras Veneramus (2011)


  1. Hic Est Enim Calix Sanguinis Mei - 06:46
  2. Human Skin for the Messenger's Robe - 07:20
  3. Urine-Soaked Neophytes - 06:45
  4. Tod, Wo Ist Dein Licht - 07:13
  5. Fallen Deities Bathing in Gall - 07:02
  6. Bonedust on Dead Genitals - 07:54
  7. The Storming Heavens as a Father to All Broken Bodies - 05:25
  8. Per Flagellum Sanguemque, Tenebras Veneramus - 09:33

Maurice De Jong - Voce, tutti gli strumenti

Questa volta non scherzo. Ho parlato tante volte di sofferenza e oscurità nelle mie recensioni, farei prima ad elencare quelle che non contengono tali definizioni. Maurice De Jong non si è accontentato di prelevarle dall'immaginario collettivo e di farne musica, ben sì ha disintegrato questi concetti e ha amalgamato i frammenti con mille e altri più ingredienti, generando ciò che ci troviamo davanti.

Earth, The Bees Made Honey In The Lion's Skull (2008)


  1. Omens and Portents I: The Driver - 09:06
  2. Rise To Glory - 05:47
  3. Miami Morning Coming Down II (Shine) - 08:01
  4. Engine Of Ruin - 06:28
  5. Omens and Portents II: Carrion Crow - 08:04
  6. Hung From The Moon - 07:44
  7. The Bees Made Honey In The Lion's Skull - 08:15

Dylan Carlson - Chitarra
Steve Moore - Piano, organo, wurlitzer
Adrienne Davies - Batteria
Don McGrevy - Basso

Aridità. Con questa parola potrei andare a capo, mettere il voto e chiudere il laptop. Ma così facendo la mia presunta professione di recensione, aiutatemi a dire professione, verrebbe gettata abbastanza nel ridicolo e perderei inoltre il piacere di scrivere un'altra recensione sofferta e laboriosa...

22 dicembre, 2011

Nile, Annihilation Of The Wicked (2005)


  1. Dusk Falls Upon the Temple of the Serpent on the Mount of Sunrise - 00:51
  2. Cast Down the Heretic - 05:45
  3. Sacrifice Unto Sebek - 03:03
  4. User-Maat-Re - 09:15
  5. The Burning Pits of the Duat - 03:53
  6. Chapter of Obeisance Before Giving Breath to the Inert One in the Presence of the Cresent Shaped Horns - 05:21
  7. Lashed To the Slave Stick - 04:18
  8. Spawn of Uamenti - 01:14
  9. Annihilation of the Wicked - 08:37
  10. Von Unaussprechlichen Kulten - 09:47

Karl Sanders - Voce, chitarra, tastiere
Dallas Toler-Wade - Voce, chitarra
George Kollias - Batteria, percussioni
Jon Vesano - Voce, basso

Distese di sabbia rossa delineano onde immobili e insidiose, la quale aridità incandescente impedisce il proliferare di forme di vita che non paiano giunte dall'oltretomba di un culto ormai abbandonato, e si perdono nell'immensità dell'orizzonte disegnato dall'alone arancione fiammeggiante che costituisce l'afoso tramonto del deserto, mentre lontano, viene consumato il bagno di sangue, assai arduo da superare in dimensioni.

05 dicembre, 2011

1349, Hellfire (2005)


  1. I am Abomination - 04:10
  2. Nathicana - 04:39
  3. Sculptor of Flesh - 03:18
  4. Celestial Deconstruction - 07:45
  5. To Rottendom - 05:52
  6. From the Deeps - 06:25
  7. Slaves to Slaughter - 06:11
  8. Hellfire - 13:49

Ravn - Voce
Archaon - Chitarra
Tjalve - Chitarra
Sidemann - Basso
Frost - Batteria

Dunque. Milletrecentoquarantanove. Un nome che venendo a conoscenza del significato, si potrebbe pensare che sia un altare al cinismo. Nella suddetta data, infatti, la temibile peste nera giunse in Norvegia. E questi loschi individui, pensate un po', sono norvegesi.

29 novembre, 2011

The Howling Void, Shadows Over The Cosmos (2010)


  1. The Primordial Gloom - 12:20
  2. Shadows Over The Cosmos - 14:57
  3. Wanderer Of The Wastes - 12:01
  4. The Hidden Sun - 5:14
  5. Lord Of The Black Gulf - 13:04

Ryan - Voce, tutti gli strumenti

Con il solista The Howling Void, si contempla un progetto del funeral doom sinfonico non una, ma una decina di scalini sopra la media. Shadow Over The Cosmos riesce a racchiudere con metodi del tutto invidiabili, il nichilismo e l'assenza di tutto ciò che possa far sorridere.

07 novembre, 2011

Doom:VS, Aeternum Vale (2006)


  1. The Light That Would Fade - 09:08
  2. Empire of the Fallen - 05:41
  3. The Faded Earth - 08:01
  4. Oblivion Upon Us - 07:28
  5. The Crawling Insects - 07:01
  6. Aeternus - 12:26

Johan Ericson - Voce, tutti gli strumenti

Doom:VS è l'appellativo che Johan Ericson usa per dare un nome al suo nuovo progetto funeral doom. Dico nuovo, perché appartiene indubbiamente allo stile contemporaneo: niente chitarroni catacombali, batteria avente cinque o sei elementi a voler essere generosi o basso spacca timpani. Indicando Doom:VS si indica un gruppo death doom sinfonico che suona funeral.

31 ottobre, 2011

Celeste, Morte(s) Nee(s) (2010)


  1. Ces Belles De Rêve Aux Verres Embués - 03:55
  2. Les Mains Brisées Comme Leurs Souvenirs - 04:49
  3. Il Y A Biens Des Porcs Que Ça Ferait Bander De T'étouffer - 02:01
  4. En Troupeau Des Louves En Trompe L'Oeil Des Agneaux - 06:18
  5. (S) - 05:42
  6. Un Miroir Pur Qui Te Rend Misérable - 06:09
  7. De Sorte Que Plus Jamais Un Instant Ne Soit Magique - 12:59

Johan - Voce
Guillaume - Chitarra
Antoine - Basso
Royer - Batteria

Impossibile. Null'altro che l'impossibilità trapela da queste “noteˮ maledette. L'impossibilità di comprendere completamente tutto ciò che hanno da dire, l'impossibilità di aprire porte che non si dovrebbero aprire mai, l'impossibilità di capire come tutto ciò possa alla fine apparire così affascinante.

30 ottobre, 2011

The Ruins of Beverast, Unlock The Shrine (2004)


  1. Between Bronze Walls - 08:40
  2. Skeleton Coast - 03:06
  3. Euphoria When The Bombs Fell - 05:43
  4. God Sent No Sign - 03:05
  5. The Clockhand's Groaning Circles - 10:44
  6. Procession Of Pawns - 04:00
  7. Summer Decapitation Ritual - 07:55
  8. Cellartunes - 02:05
  9. Unlock The - Shrine - 09:05
  10. Subterranean Homicide Lamentation - 01:59
  11. The Mine - 12:01
  12. White Abyss - 01:38

Alexander von Meilenwald - Voce, tutti gli strumenti

Le rovine di Beverast, arcano termine coniato dal musicista stesso, riferito a vicende norrene (?), si presenta come progetto solista frutto della mente di Alexander von Meilenwald, costola di più di un progetto black metal. E da tutti questi, anche senza doverli esaminare tutti, si potrebbe dire che vengono prlevati quanti più dettagli possibile, al fine di creare un'opera distinta.

23 ottobre, 2011

Funeral, From These Wounds (2006)


  1. This Barrel Skin - 08:10
  2. From These Wounds - 07:42
  3. The Architecture Of Loss - 09:02
  4. Red Moon - 08:32
  5. Vagrant God - 06:15
  6. Pendulum - 09:13
  7. Saturn - 08:24

Frode Frosmo - Voce, basso
Kjetil Ottersen - Chitarra, programming
Christian Loos - Chitarra
Enders Eek - Batteria

Probabilmente potrete dire di conoscere i Funeral come gruppo granitico e funereo. Qua non è così. In From These Wounds ci viene proposto un death doom sinfonico tristemente romantico, incredibilmente vario. Quindi, considerarlo funeral doom, è a mio avviso tremendamente errato.

21 ottobre, 2011

Darkspace, Dark Space III (2008)


  1. Dark 3.11 - 11:04
  2. Dark 3.12 - 10:40
  3. Dark 3.13 - 11:48
  4. Dark 3.14 - 11:01
  5. Dark 3.15 - 03:34
  6. Dark 3.16 - 14:09
  7. Dark 3.17 - 16:58

Wroth - Chitarra, voce
Zorgh - Basso, voce
Zhaaral - Chitarra, voce

Parlare di visioni, quando si parla di dark ambient, è naturale. Così come dovrebbe essere naturale citare i Darkspace.
Qua, nel terzo capitolo, v'è un trattato sui più inenarrabili cataclismi dello spazio siderale. Se un genere come questo è premeditato per far affacciare a tenebrose lande nordiche, Darkspace III si estrania da stilistiche così abusate e scaraventa nel vuoto cosmico, presentando la reale quintessenza del buio e dell'ostilità. Vuoto cosmico che vuoto non è affatto, poiché vi è una mole di idee e passaggi notevoli tale da creare un vortice nero dalle dimensioni indicibili.

19 ottobre, 2011

Amesoeurs, Amesoeurs (2009)


  1. Gas in Veins - 05:08
  2. Les ruches malades - 04:17
  3. Heurt - 06:01
  4. Recueillement - 07:00
  5. Faux semblants - 04:21
  6. I XII V XIX XV V XXI XVIII XIX – IX XIX – IV V I IV - 01:41
  7. Trouble (Eveils infames) - 04:49
  8. Video Girl - 04:11
  9. La reine trayeuse - 05:32
  10. Amesoeurs - 04:03
  11. Au crépuscule de nos rêves - 11:16

Neige - Voce, chitarra, basso
Audrey Siylvain - Voce, piano
Fursy Teyssier - Chitarra, basso
Winterhalter - Batteria

Odio uniforme. Ritrovamento. Rassegnazione. Un'era in bianco e nero. L'ambiente che punta ad edificare l'opera omonima di questi freddi e distaccati francesi è quello urbano più cupo, fatto di sguardi non colti e luci fugaci, di ricerca di ordine e di ferrosi palazzoni illuminati a spaglio che danno l'errata illusione della perfezione.

16 ottobre, 2011

*AR, Wolf Notes (2010)


  1. Inception - 06:00
  2. Rise - 11:59
  3. Decline - 12:13
  4. Rest - 05:31
  5. Return - 08:48

Autumn Richardson - Voce
Richard Skelton - Violino, suoni di fondo

AR, una denominazione dal premeditato e preciso significato simbolico. Non solo le iniziali dei nomi di battesimo della copia di musicisti, che altro non è che anche una copia di fatto, ma anche un frammento di espressione dalle origini perse nel tempo che simboleggia niente più che l'inizio, Il principio di un elemento che viene contemplato fino a metterne in dubbio il suo reale senso.

14 ottobre, 2011

Colosseum, Chapter 1: Delirium (2007)


  1. The Gate of Adar - 10:51
  2. Corridors of Desolation - 06:40
  3. Weathered - 13:00
  4. Saturnine Vastness - 10:10 
  5. Aesthetics of the Grotesque - 12:17
  6. Delirium - 11:40

    Janne Rämö - Basso, voce
    Sameli Köykkä - Batteria
    Olli Haaranen - Chitarra, programming
    Juhani Palomäki - Voce, chitarra, tastiera

    Ve ne sono parecchie in giro di prove che per elevare all'ennesima potenza sensazioni difficilmente ripetibili non è affatto obbligatorio farcire la propria opera con virtuosismi e atti inenarrabili di vario tipo. I finnici Colosseum, sciolti nel 2010 lasicando compiuta solamente una (premeditata?) trilogia, ci regelano, con il primo capitolo di quest'ultima, un'ulteriore conferma du questo concetto, un altro pezzo del puzzle del funeral doom dalle atmosfere ampie, decadenti e colossali (aggettivo che non è mai stato così azzeccato).

    13 ottobre, 2011

    Lantlôs, .Neon (2010)


    1. Minusmensch - 07:49
    2. These Nights Were Ours - 04:41
    3. Pulse / Surreal  - 08:21
    4. Neige De Mars - 05:01
    5. Coma - 06:07
    6. Neon - 07:42
    Neige - Voce
    Herbst - Chitarra, basso, batteria

    Dopo il tanto decantato esordio omonimo, il duo franco-teutonico Neige & Herbst (non fatemi specificare chi siano e perché, suvvia) Torna a sussurrarci pensieri oscuri ed eleganti con il loro Neon.
    Quello osservato qua è un tetro animale urbano, un insieme di riflessioni indecifrate e di pennellate nervose di colori statici. Un nero intreccio di concetti a tratti sia ruvidi che lisci, parti di black metal in piena regola che si sovrappongono e si amalgamano con parti jazzate, sofisticate, ed entrambe immerse infine in una saggia malinconia. Un invito a nozze per gli amanti dei primordiali Katatonia, per intenderci.

    10 ottobre, 2011

    Ulver, Kveldssanger (1995)



    1. Østenfor Sol Og Vestenfor Maane - 03:26
    2. Ord - 00:17
    3. Høyfjeldsbilde - 02:15
    4. Nattleite - 02:12
    5. Kveldssang - 01:32
    6. Naturmystikk - 02:56
    7. A Cappella (Sielens Sang) - 01:26
    8. Hiertets Vee - 03:55
    9. Kledt I Nattens Farger - 02:51
    10. Halling - 02:08
    11. Utreise - 02:57
    12. Søfn - Ør Paa Alfers Lund - 02:38
    13. Ulvsblakk - 06:56
    Garm - Voce
    Haavard - Chitarra
    AiwarikiaR - Flauto, percussioni

    I Nostri norvegesi sono proverbialmente famosi per aver imboccato un gran numero di bivi stilistici nel loro cammino. Quello analizzato in queste righe è Kveldssanger, uno di quelli più introspettivi e ancestrali in cui si siano diretti.
    Viene da sorridere, se si pensa a quanto poco abbia in comune con il black-folk del precedente Bergtatt, e da restare stralunati, se si pensa al black-e-basta che regnerà nel successivo Nattens Madrigal.

    09 ottobre, 2011

    Lunar Aurora, Andacht (2007)


    1. Glück - 11:09
    2. Geisterschiff - 07:53
    3. Dunkler Mann - 08:39
    4. Findling - 09:44
    5. Der Pakt - 07:56
    6. Das Ende - 08:38

    Aran - Chitarra, synth, voce
    Sindar - Basso, synth, voce, programming
    Skoarth - Chitarra

    Stabilitisi alla Cold Dimension Records, questi lugubri mangiacrauti si sono posti un quesito: come suonare il black metal arricchendolo in modo sfarzoso e malvagio, rispettandone la canonicità? Come un ciclone in un villaggio pacifico, la risposta giunse travolgente.E venne chiamata Andacht.

    Comatose Vigil, Not A Gleam Of Hope (2005)


    1. Suicide Grotesque - 19:48
    2. Cataracts - 20:39
    3. Mirrors of Despair - 17:46
    4. Galleries of Coma - 11:12

    A.K. iEzor - voce, batteria
    ViG’iLL - chitarre, basso
    ZiGR - tastiere

    Quanto può essere un'opera umana, inumana? Secondo il parere dei nostri oscuri compagni di viaggio russi, un bel po'.
    Già dalla grafica grigia, sfocata ed indefinibile, non viene promesso nulla di gaio. Ciò ci viene offerto da Not A Gleam Of Hope è una dolorosa visione di tutto quel lato della sfera emozionale che non fa piacere avere addosso. Una buia e corrosiva prospettiva che si concede qualche momento che che permette di alzare lo sguardo, solo per il piacere di abbatterlo di nuovo.

    07 ottobre, 2011

    Les Discrets, Septembre Et Ses Dernières Pensées (2010)


    1. L'envol des Corbeaux - 1:26
    2. L'échappée - 4:03
    3. Les Feuilles de l'olivier - 4:36
    4. Song for Mountains - 5:59
    5. Sur les Quais - 3:03
    6. Effet de Nuit - 5:54
    7. Septembre et Ses Dernières Pensées - 2:29
    8. Chanson d'automne - 7:40
    9. Svipdagr & Freyja - 3:58
    10. Une Matinée d'Hiver - 4:07

    Audrey Hadorn - Voce
    Fursy Teyssier - Chitarra, basso, voce
    Winterhalter - Batteria

    Colline scure sommerse nella bruma. corvi neri che si librano nel il cielo senza sole. Foglie esili al vento. Sentieri battuti. Natura, amore e morte. L'ultimo Pensiero Di Settembre, e forse anche tutti gli altri, sono custoditi qua, insieme a tutti i paesaggi e i momenti che vi sono allacciati (Ironicamente è stato pubblicato a Marzo, per tutti i mattacchioni che se lo stavano chiedendo).

    06 ottobre, 2011

    Shape Of Despair, Angels Of Distress (2001)


    1. Fallen - 06:09
    2. Angels Of Distress - 09:43
    3. Quiet These Paintings Are - 14:39
    4. To Live For My Death - 17:21
    5. Night's Dew - 06:59

    Jarno Salomaa - Chitarra lead, synth
    Tomi Ullgren - Basso, chitarra ritmica
    Natalie Koskinen - Voce
    Samu Ruotsalainen - Batteria
    Pasi Koskinen - Voce
    Toni Reahalme - Violino

    C'è un motivo, anzi, ben più di uno, se questo è il lavoro più apprezzato dei finnici Shape Of Despair. Si potrebbe iniziare parlando dell’evoluzione stilistica, tanto diversa da sembrare frutto di altre menti, e che non ha quindi niente in comune con precedente Shades Of. Ma non v'è da allarmarsi. Quei soffusi e ampi tappeti melodici, dall'architettura laboriosa e solenne, che si affacciano alla mente dell'ascoltatore senza penalizzare nessuna sfaccettatura, sono sempre presenti, con la differenza che che questa volta accantonano l'idea dell'atmosfera onirica e cullante, con i suoi flauti e rumori di fondo, e virano verso il lido della malinconia, quella densa e senza via di uscita.