16 ottobre, 2011

*AR, Wolf Notes (2010)


  1. Inception - 06:00
  2. Rise - 11:59
  3. Decline - 12:13
  4. Rest - 05:31
  5. Return - 08:48

Autumn Richardson - Voce
Richard Skelton - Violino, suoni di fondo

AR, una denominazione dal premeditato e preciso significato simbolico. Non solo le iniziali dei nomi di battesimo della copia di musicisti, che altro non è che anche una copia di fatto, ma anche un frammento di espressione dalle origini perse nel tempo che simboleggia niente più che l'inizio, Il principio di un elemento che viene contemplato fino a metterne in dubbio il suo reale senso.


Wolf Notes è un modo onirico e finissimo di raccontare un mondo nascente. Ciò che viene comunicato in quaranta minuti di canti e pensieri è semplicemente lo spazio scrutabile e non.
Come gettarsi quindi in una recensione tecnica? Impossibile sotto qualunque punto di vista. Come consigilierebbe una guida in una galleria d'arte davanti ad uno sfacciato (non) quadro, L'unica emozione trasmessa in una simile contemplazione è unicamente autogenerata.
Tutto ciò che si può percepire non appena i delicati violini iniziano a stridere è la rinascita. Non una rinascita interiore, che avviene dentro se stessi e ristruttura il medesimo, sia chiaro, ma la vera e propria osservazione di un'entità senza forma che germoglia e che prende coscienza. La voce soave intaglia beatamente un luminoso grigiore meditativo nei meandri del cervello. Non segue schemi, è libera, tenue, come la nebbia che naviga nel nulla.

Per tutta la durata di questa visione i suoni si cimentano in un autentico rapporto carnale con il silenzio, che insieme salgono sempre più elevati gradini dell'unione con l'assoluto, fino a trascendere tutto ciò che si può esprimere.
Difficile dire se più questo fantasma narratore di concetti indecifrabili si cimenti nel mostrarceli, ci si innalzi nei cieli più plumbei o si affondi negli abissi più insondabili. Dubbio che contemporaneamente va a smaterializzarsi sempre più col suo stesso proseguire, poiché il fine ultimo dell'opera è abbattere barriere obsolete come quella del dove.
Una bellezza irraggiungibile ed astratta. Una linearità che mai è monotona, una monotonia che mai è lineare. Un lento e solitario navigare in un mondo etereo e disabitato. Una purissima rappresentazione della spiritualità.

85/100

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