21 ottobre, 2011

Darkspace, Dark Space III (2008)


  1. Dark 3.11 - 11:04
  2. Dark 3.12 - 10:40
  3. Dark 3.13 - 11:48
  4. Dark 3.14 - 11:01
  5. Dark 3.15 - 03:34
  6. Dark 3.16 - 14:09
  7. Dark 3.17 - 16:58

Wroth - Chitarra, voce
Zorgh - Basso, voce
Zhaaral - Chitarra, voce

Parlare di visioni, quando si parla di dark ambient, è naturale. Così come dovrebbe essere naturale citare i Darkspace.
Qua, nel terzo capitolo, v'è un trattato sui più inenarrabili cataclismi dello spazio siderale. Se un genere come questo è premeditato per far affacciare a tenebrose lande nordiche, Darkspace III si estrania da stilistiche così abusate e scaraventa nel vuoto cosmico, presentando la reale quintessenza del buio e dell'ostilità. Vuoto cosmico che vuoto non è affatto, poiché vi è una mole di idee e passaggi notevoli tale da creare un vortice nero dalle dimensioni indicibili.


Ma qua non siamo in mano a degli sprovveduti. Il nostro trio elvetico genera questo vortice con una spontaneità semplicemente disarmante, e lo imbriglia con attenzione, mappando ogni singolo passaggio fino a che ogniuno di essi non assumesse un senso, posizionato li dove si trova.

Calandosi quindi in quello che è l'opera, vale a dire la musica, si può notare come di consueto si propaghino i suoni sordi aventi il compito di accogliere gli ignari timpani e di spianare la strada al black metal vero e proprio. Da qua si potrebbe dire che è facile prevedere come sarà lo svolgimento. Nulla di più sbagliato. La dimensione che prende forma qua circonda, travolge e circonda di nuovo, sempre in modo sorprendentemente vario.
I Synth sono fusi con le corde, creando uno sfondo insolito, maledetto e onirico, in cui a rendere il tutto ancora più allucinato ci pensa una drum machine programmata con sapiente cattiveria, largamente riverberata sui piatti, senza sosta dove serve, brusca nelle riprese e negli abbandoni, senza nessun accenno di pietà. In questo scenario raccapricciante saranno tutti i membri della formazione a urlarci i chissà quali più atroci fenomeni mai scrutati, per darci quindi un'ulteriore conferma che di umano, in questi quasi ottanta minuti di viaggio, c'è solo l'ascolatore.
All'inizio saranno riffoni old style rapidi e gettati in picchiata a costruire l'opera, che si muteranno con piacevole sorpresa sempre più in una forma ritmata e comprensibile, mai in modo pacchiano o inappropiato, che si permetteranno con altrettanta scrupolosità di lasciare libero arbitrio alla tintura stesa dai synth indissolubilmente oscura. Giunge quindi un temporaneo cambio di bioma, dove se fino ad ora le voci ben poco umane dei Nostri hanno sempre e solo urlato in modo glaciale quello che accadeva, ora una perpetua corrente di suoni cupi presenta altre parti cariche e tiranne, che scorteranno tetri soliloqui in clean dall'aria malvagia e fantascentifica, marcando quindi indubbiamente su Dark 3.16 l'aura di malvagità più estesa, che verrà chiusa dall'epicità apocalittica difficilmente descrivibile dell'ending track.

E con un fade out più lungo del normale ci viene lasciato il monito che tutto questo potrebbe continuare in eterno, e giunto il silenzio ci si capacita che quello che poteva essere un proseguimento del più evanescente Dark Space II è in realtà uno snodo che tra un passaggio solenne e uno terrificante, fornisce mille e più imbocchi di ispirazione, garantendo quindi l'ignoto per quello che sarà un ipotetico successivo capitolo e stravolgendo il cliché del gruppo che si evolve in modo lineare.
Abbiate quindi paura di scrutare le stelle, se sono descritte dai Darkspace.

88/100

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