24 dicembre, 2011

Earth, The Bees Made Honey In The Lion's Skull (2008)


  1. Omens and Portents I: The Driver - 09:06
  2. Rise To Glory - 05:47
  3. Miami Morning Coming Down II (Shine) - 08:01
  4. Engine Of Ruin - 06:28
  5. Omens and Portents II: Carrion Crow - 08:04
  6. Hung From The Moon - 07:44
  7. The Bees Made Honey In The Lion's Skull - 08:15

Dylan Carlson - Chitarra
Steve Moore - Piano, organo, wurlitzer
Adrienne Davies - Batteria
Don McGrevy - Basso

Aridità. Con questa parola potrei andare a capo, mettere il voto e chiudere il laptop. Ma così facendo la mia presunta professione di recensione, aiutatemi a dire professione, verrebbe gettata abbastanza nel ridicolo e perderei inoltre il piacere di scrivere un'altra recensione sofferta e laboriosa...


Anche questa volta ci ritroviamo circondati da paesaggi che permettono all'orizzonte di perdersi in se stesso. Ma questa volta è fatto di sabbia, ossa, asfalto crepato e altra sabbia. Niente meno che l'attitudine desert rock più “desertˮ possibile, dalla quale vengono prelevate poche parti ed ordinate in una successione ornata scheletricamente.
Al contempo, però, esattamente come l'aridità, l'opera si presenta come ostile. Niente affatto cattiva: solo ostile. La possibilità di scalare un muro ideale così alto sta semplicemente nell'ascoltare le storie senza voce che ci vengono proposte. Storie che sembrano estrapolate da qualche spaghetto western underground, fatte di wiskey, sigari e rivoltelle. Una volta imparato a fare ciò, la dimensione che ci si ritrova a portata di mano con Bees Make The Honey In The Lion's Skull, diventa semplicemente affascinante. Le visioni di distese chiare e assolta divengono trasparenti. Ciò che prima poteva sembrare arduo da percorrere come un fiume a ritroso in barca a remi, al contrario, scorre liscio come un ruscello tra la pietra, che mai cambia direzione o si imbatte in cadute o ristagni.

Una volta dentro questa dimensione, l'ostilità serpeggiante sopra citata sembra solo apparente. L'attitudine peggiore sarà solo il distaccamento dal circondario, verso il quale si rivolgerà inevitabilmente l'ascoltatore durante la riproduzione di questi cinquantatre minuti morriconiani, suddivisi in sette tracce per pura consuetudine. Noioso, lo definerebbero in molti, non appena l'alchimia delle note inizia. Semplicemente, questo è il parere di menti troppo pragmatiche per lasciare che la psichedelia a rallentatore dell'opera prenda piede dentro di loro, e intorno a loro.
Ma per chiunque abbia già ammirato questo quadro concentrato solo in se stesso, le api continueranno a ronzare caoticamente intorno al teschio del leone, e solo per loro, il miele colerà in abbondanza.

80/100

2 commenti: