27 dicembre, 2011

Deströyer 666, Phoenix Rising (2000)


  1. Rise of The Predator - 04:05
  2. The Last Revelation - 02:25
  3. Phoenix Rising - 03:57
  4. I Am the Wargod (Ode to the Battle Slain) - 07:33
  5. The Eternal Glory of War - 05:20
  6. Lone Wolf Winter - 06:37
  7. Ride the Solar Winds - 04:52
  8. The Birth of Tragedy - 05:19

K. K. Warslut - Voce, chitarra
Ian “Shrapnelˮ Gray - Chitarra
Bullet Eater - Basso
Deceiver - Batteria

Sul metal australiano hanno tutti qualcosa da dire. C'è chi lo eleva ad uno degli apici dell'espressività e reale quintessenza del panorama estremo, c'è chi lo disdegna con altrettanta facilità. Phoenix Rising è volente o nolente un grande classico di questo plateau, considerando anche l'accoglienza ricevuta dalla critica (potete notare la varietà di voti che gli viene data da Metal Archives), ma qua, cerchiamo di essere obbiettivi.


Dietro le quinte, nei panni di songwriting, voce e chitarra, abbiamo K. K. Warslut. Lo stile dell'album quindi non ha certo bisogno del biglietto da visita. L'attitudine è visibilmente quella dei Marduk e dei Bathory. Niente orpelli sinfonici, campionature solo se necessarie (es. la marcia dal suono marziale in The Eternal Glory of War) niente pause e fraseggi inoffensivi per più di quaranta secondi. Solo violenza, sangue e urli di battaglia. Non aspettatevi nulla di ancora del tutto sbocciato però, con Phoenix Rising. Il loro apice a livello di mentalità musicale lo avremo con i successivi.
Voci inquietanti e predatrici precedono l'esplosione del riffing tirattissimo e furibondo dell'opening track. Da qui è facile prevedere il virtuale proseguimento. Warslut prepara per l'album più tipi di cantato per le tracce, che spesso e volentieri andranno a sovrapporsi. Dallo pseudo scream bestiale ad un grunt incomprensibile.
Giunti sino alla terza traccia, la title track, capiamo che questa è una di quelle che più si fa notare. Inaudita, massacrante, una vera raffica di mitragliatore incessante dritta nei timpani. Anche la successiva I Am The Wargod è uno dei gioielli della corona più lucenti, stavolta appena un'attimo più riflessiva e malvagia. Superato questo picco passiamo a contemplare a tutto ciò che è solito essere il war metal: violenza. Suonata impeccabilmente, incorruttibile ed imparziale, ma alla lunga, inevitabilmente monotona. Lone Wolf Winter, composta questa volta da Shrapnel, è un'altro nome che si fa notare, non certo per varietà del sound proposto, ma ben si per la sua struttura realmente ben edificata. Fino a che tra tutti i rimanenti passaggi, magari a volte un po' più anonimi, ma che sul momento scuoteranno le membra sempre e comunque, arriviamo alla fine, che ha luogo in modo vistoso e deciso.

I Deströyer 666 sono sicuramente uno di quei gruppi che sono e saranno truculenti fino al calo del sipario, ma non sono uno di quei gruppi che mirano soltanto a gasare ai concerti e a far cadere a pezzi i muri. La loro musica ha un senso. Un piccolo frammento di guerra totale è impigliato nelle note funeste di questo e tutti gli altri lavori dei Nostri australiani, che con blast beat spietati e assoli in picchiata viene fatto risuonare in tutta la sua brutalità. Bastardissimo.

78/100

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