26 dicembre, 2011

Negurǎ Bunget, Om (2006)


  1. Ceasuri Rele - 03:07
  2. Țesarul de Lumini - 12:48
  3. Primul Om - 04:22
  4. Cunoașterea Tăcută - 07:11
  5. Înarborat - 06:22
  6. Dedesuptul - 06:39
  7. Norilor - 03:00
  8. De Piatră - 05:36
  9. Cel Din Urmă Vis - 10:03
  10. Hora Soarelui - 05:55
  11. Al Doilea Om - 02:03

Hupogrammos - Voce, chitarra, tastiera, tulnic
Sol Faur - Chitarra, tastiere
Negru - Batteria, percussioni

“O. “Uomoˮ. Un viaggio enigmatico nell'essenza primaria di se stessi, difficile da scrutare. Circondato dal vento dei carpazi che ulula impetuoso, questo rituale arcaico ha luogo e impregna di misticismo l'animo dell'ascoltatore, illuminandolo e portandolo ad una sorta di rinascita nella natura primordiale.


Da un punto di vista tecnico, l'alternaza tra schariche furenti e dilatazioni ambient prosegue quasi come un gioco. L'attitudine folk / avanguardistica veste questo schema con sapienza e teatralità, generando così un vero viaggio mistico tradotto in suono, ricco di culmini e riflessioni.
In questa ora abbondante di musica, inizialmente si nota una prevalenza di parti soffuse e leggere, come fosse l'intro del rituale, e ben poche sono le picchiate black metal. Fino a che in Conoaș Terea Tăcută, la traccia migliore dell'album, il coraggio viene liberato dalla sua nicchia, e l'atmosfera, oltre che antica e sacrale si fa fredda. Questo è senza dubbio il culmine della magia.
Da qui il proseguimento, come accennato all'inizio, è spesierato e naturale. Queste parti così ariose e vastissime, solenni e invalicabili, vanno a braccetto, danzano e si amalgamano con la distorsione granitica e dissonante del black avanguardistico. La voce fa la medesima cosa: sfarzosa e corale nei puliti, urlata e iraconda nello scream. Man mano che ci avviciniamo alla fine, il comportamento oscuro e sapiente cresce, fino a che il rumore ha sopravvento sulla meoldia. Rumore che riesce sempre a conservare un'aura sacrale, e che alla fine, si perde anch'esso nell'ambiente della mente dell'uomo, circondata da vasti scenari selvatici e inalterati.
Intermezzi ora cacofonici e virtuosi, ora folkloristici e visionari, aiutano a dilatare ulteriormente questo processo ambientato nell'io profondo.

Una volta giuto il silenzio, si ha il piacere di notare che proprio come in rituale intrapreso per elvare se stessi da una forma ancorata all'essere fisico, Om inizia a rilento, senza fretta, soffuso; quando tutto è pronto, si ha il picco, in cui l'ambrosia emerge e dona energia luminosa e vitale; una volta carichi di questo dono, l'io interiore assume un'aria solenne e forte, pronto a scagliarsi in picchiata e a mostrare la forza della rinascita. Cosa che fa in modo del tutto convincente.
Se state cercando del black metal folkeggiante e solenne, oltre che tecnico ed avanguardistico, ma anche non fine a se stesso, con Om potete andare tranquilli.

83/100

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