29 novembre, 2011

The Howling Void, Shadows Over The Cosmos (2010)


  1. The Primordial Gloom - 12:20
  2. Shadows Over The Cosmos - 14:57
  3. Wanderer Of The Wastes - 12:01
  4. The Hidden Sun - 5:14
  5. Lord Of The Black Gulf - 13:04

Ryan - Voce, tutti gli strumenti

Con il solista The Howling Void, si contempla un progetto del funeral doom sinfonico non una, ma una decina di scalini sopra la media. Shadow Over The Cosmos riesce a racchiudere con metodi del tutto invidiabili, il nichilismo e l'assenza di tutto ciò che possa far sorridere.


Non parlo di una delle grandi composizioni, tuttavia. Semplicemente, un esempio sincero e senza bisogno di presentazioni, di ciò che è il funeral doom.
L'atto di protrarre in un loop dilaniante non più di due giri, appare chiaramente il primo pensiero che il Nostro si è posto durante la stesura. E la maestria con cui vengono fatti emergere dal silenzio i suoni soffusi, enormemente dilatati, lucenti ma dai modi oscuri, parla da sola. Non bisogna aspettarsi nulla di nuovo, quindi. Ciò è a mio avviso un ulteriore punto a favore. Poiché, militare in un genere sapendo elevarlo ad un essenza così sublime, senza l'ausilio di orpelli e divagazioni, è capacità di pochi musicisti.

Shadow Over The Cosmos, metaforicamente parlando, ci propone una lenta successione di paesaggi inenarrabilmente immensi, con una staticità che, seppur rischia di annoiare gli stessi sostenitori del genere, fa comunque il suo lavoro. L'effetto di sommersione in una dimensione parallela, indistinguibile, bianca, è assicurato. Naturalmente la malinconia avvolge tutto ciò, in modo incessante e senza aloni che abbandonino a se stessi. Nulla ha fretta. Tutto appare coinvolto in una marcia senza fine, motivata solo ad abbattere. Gli stacchi di soli synht, le schitarrate in lead, tutto ha lo stesso fare evanescente. Non v'è neanche per sbaglio l'intenzione di virare al di fuori da questo ambiente. Piccole aggiunte vengono addizionate durante i brani, aggiunte che tuttavia non riescono a far emergere dalla monotonia quasi sessanta minuti di musica, e tutto finisce per assomigliarsi. Tanto da rendere necessaria la presenza di The Hidden Sun, altra dilatazione strumentale commovente, pensata come un brano vero e proprio.

L'opera, in pratica, è definibile come un vero e proprio viaggio nella desolazione. Ciò che viene contemplato è austero, privo di appigli, se non quello della rassegnazione a che tutto ciò non avrà mai fine.
Anche questa, naturalmente, è una visione del funeral doom riservata a non molti. C'è tutto ciò che si possa chiedere dal suddetto genere. Le stesse emozioni senza pace, protratte sino ad una fine che ogni volta ci si possa ritrovare a pensarla, sembra essere irraggiungibile. Nulla di graffiante per i timpani, ben sì per l'animo.
Per farla breve, un valido panorama per la tristezza della mente.

79/100

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