22 febbraio, 2012

Eluveitie, Helvetios (2012)



  1. Prologue
  2. Helvetios
  3. Luxtos
  4. Home
  5. Santonian Shores
  6. Scorched Earth
  7. Meet the Enemy
  8. Neverland
  9. A Rose For Epona
  10. Havoc
  11. The Uprising
  12. Hope
  13. The Siege
  14. Alesia
  15. Tullianum
  16. Uxellodunon
  17. Epilogue
Chrigel Glanzmann - voce, chitarra acustica, mandolino, flauto
Meri Tadic - violino, voce
Merlin Sutter - batteria
Ivo Henzi - chitarra
Sime Koch - chitarra, voce
Anna Murphy - voce, ghironda
Päde Kistler - flauto, cornamusa
Kay Brem - basso
"When I reminisce about all those years
I see many things.
Life and death strung together
like the mountains and valleys
in which we lived."


Così inizia Helvetios, con Prologue, con una nostalgica voce narrante che ci racconta ciò che fu un tempo e ciò che ora non è più, che ripensa con malinconia ai vecchi tempi, agli antichi valori e principi ormai persi, al significato che la guerra non ha più oramai. Un'adeguata apertura per una sorta di concept basato sulle guerre gaeliche e un'introduzione non dico scontata ma comunque intuibile per un album Folk/Celtic Metal. Un CD che non sempre riesce a suonare nuovo e fresco ma che, anzi, a volte, a parte qualche stentato episodio, casca, purtroppo, nella prevedibilità, una caratteristica non accettabile da un gruppo a cui piace definirsi come la New Wave Of Folk Metal.

Almeno questo prologo non è stato poi così scontato: ci si poteva aspettare la solita canzone acustica intitolata molto fantasiosamente Intro, ma così non è. La prevedibilità arriva dopo, non tanto con Helvetios, una canzone abbastanza fresca, con una vena epica piuttosto azzeccata, e neanche con Luxtos che, pur avendo certe similarità con una corrente del Folk Metal che al sottoscritto non garba particolarmente, quella più tipica di band sullo stile dei finnici Korpiklaani e, in certi casi, dei connazionali Finntroll, rappresenta una seppur minima novità in casa Eluveitie, e ciò deve essere almeno minimamente apprezzato in quanto tale. La vera scontatezza arriva con canzoni come Home e Santonian Shores, che non portano nulla di nuovo, anzi, al contrario riportano tutti gli stereotipi possibili e immaginabili di questo genere fin troppo spesso banale. Per fortuna questo alone di già sentito scompare momentaneamente con Scorched Earth, una traccia che, più che atmosfere nordiche e celtiche, a tratti e ad un primo ascolto sembra richiamare sonorità arabo-orientaleggianti. Un intermezzo non troppo scontato malgrado mi ricordi inevitabilmente Nata dell'album Evocation I - The Arcane Dominion. Perlomeno non abbiamo assistito ad uno dei soliti interludi acustici che erano eseguiti sì tanto magistralmente dalla band, ma che avrebbero reso le già poco buone impressioni di questo full-length ancora peggiori.

Brutte impressioni che ritornano con il singolo Meet The Enemy, una canzone veramente scontata, sia nella forma che nel contenuto, quel solito Melodic Death Metal di matrice svedese, che però probabilmente ha svolto bene la sua funzione di specchio per le allodole quando venne pubblicato. Presa singolarmente potrebbe non essere una cattiva canzone, ma contestualizzata, tenendo presente che gli Eluveitie ormai viaggiano dal 2006 pressoché sulle stesse coordinate, considerando che quella voce femminile in pseudo-scream ricorda tanto, troppo quella di Quoth The Raven del precedente album, Everything Remains (As It Never Was), perde tutto il suo ipotetico fascino a favore di una Neverland che potrebbe essere considerata inferiore alla precedente traccia in quanto più semplice e anche un po' più catchy ma che presenta nuovamente quella vena allegra tanto presente nel Folk Metal finlandese più famoso e conosciuto che normalmente non apprezzerei troppo ma che in questo particolare album finisce per attrarmi. Peccato che si ripresenti in Havoc, altro singolo dell'album, con le stesse identiche modalità e con una struttura della canzone che si ripresenta pressoché invariata in entrambe, con quell'uguale finto rallentamento poco dopo superata la metà.

Una cosa che non avrei mai pensato di fare è, invece, esaltare una canzone che, anche se non avessi seguito le vicende di questo album e anche se non sapessi la verità, avrei identificato immediatamente come uno dei vari (mica tanto) singoli dell'album, A Rose For Epona. Canzone semplice, molto semplice, dalla struttura piuttosto standard ma che non riesco a non apprezzare, sarà per la voce di Anna Murphy, mai così soave e dolce come ora, sarà perché buona parte delle tracce ascoltate fino a qua mi ha stancato o comunque non soddisfatto e ora cerco inconsciamente qualcosa da farmi piacere in Helvetios. Una decisamente e razionale buona prova è rappresenta, invece, da The Uprising, una canzone che, pur non inventando assolutamente nulla di nuovo, si presenta come fresca, non dà l'impressione che il gruppo abbia come esaurito le idee e si inserisce pure bene in una parte finale molto meno deludente della prima in cui troviamo anche un altro intermezzo, Hope, molto più terra a terra, diverso e perciò apprezzabile rispetto a quelli dei precedenti album, che ci introduce a due tracce che presentano una strana novità (finalmente, oserei aggiungere): The Siege, l'assedio, e Alesia, città nel Nord dell'antica Gallia in cui si chiusero le tribù galliche riunite da Vercingetorige che qui vennero anche sconfitte definitivamente una volta per tutte dal numericamente inferiore esercito del famoso Giulio Cesare, che catturò, deportò a Roma e giustiziò il comandante degli avversari. Nella prima troviamo un questa volta reale scream suppongo cantato da Anna Murphy per via della sua acutezza e acidità (tuttavia non ne ho la certezza) che accompagna la voce di Chrigel Glanzmann e, nonostante lo stile della canzone non sia troppo differente dal solito, tanto basta per poterla considerare una discreta canzone. Nella seconda anche non troviamo nulla di concretamente innovativo, ma i suoi cori, i suoi testi e le sue atmosfere rendono bene quella sconfitta, quel senso di astio, quel sacrificio fatto da Vercingetorige che, per non far radere al suolo Alesia, preferì consegnarsi vivo all'odiato nemico. Una canzone che tutto sommato, pur essendo anche lei piuttosto semplice, è decisamente azzeccata.

Infine arriviamo a Uxellodunon, una canzone mediocre e nella media, e a Epilogue, l'epilogo di questa storia, in cui ci si ripresenta la stessa voce narrante di Prologue e The Uprising che racconta, in un accesso molto ma molto folkloristico, come, sebbene loro, i galli, non esistano più, le loro canzoni sono ancora in vita ed essi, attraverso di loro, riescono a rivivere. Un concetto che, a questo punto, identifica gli Eluveitie come una sorta di bardi delle antiche tradizioni, quelle che rendono un popolo tale e fiero di esserlo, un'immagine molto in voga ormai.

In conclusione, è un album piuttosto controverso che molti non esiterebbero a bocciare direttamente e senza remore. Ma è anche un album che, secondo me, presenta comunque una voglia, seppur minima, di rinnovamento. Che poi a me personalmente non piaccia troppo questa nuova direzione così allegra e spensierata intrapresa dal gruppo è un altro discorso. Ma di sicuro non è una buona uscita come lo furono Spirit e Slania, e non lo è neanche come lo sono state Evocation I e Everything Remains, molto meno apprezzati in generale. Si dice che chi di speranza vive di speranza crepa, nel senso che chi si limita a sperare può anche continuare a farlo ma alla fine non avrà mai molto in mano. Per questo penso che sperare in un ritorno ai fasti di Vên, così bello e personale, di Spirit e di Slania sia inutile. Ma trovo anche che questo album non sia da bocciare completamente. Tutto sommato, seppur con andamento altalenante, nonostante qualche traccia in meno non avrebbe di certo infierito, anzi, probabilmente avrebbe giovato al risultato finale, degli episodi buoni si hanno e, se la malriuscita di Helvetios sia dovuta all'etichetta o alla band che si è venduta o a chissà quale altro stereotipo, non mi è dato saperlo. So solo che questo CD non mi ha fatto completamente schifo e che quindi una sufficienza, sebbene sia molto tirata, se la prende.

58/100

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