28 gennaio, 2012

Pain Of Salvation, Road Salt Two (2011)


  1. Road Salt Theme - 0:45
  2. Softly She Cries - 4:15
  3. Conditioned - 4:15
  4. Healing Now - 4:29
  5. To The Shoreline - 3:03
  6. Break Darling Break (bonus track) - 2:22
  7. Eleven - 6:55
  8. 1979 - 2:53
  9. Of Salt (bonus track) - 2:36
  10. The Deeper Cut - 6:10
  11. Mortar Grind - 5:46
  12. Through The Distance - 2:56
  13. The Physics Of Gridlock - 8:43
  14. End Credits - 2:25

Daniel Gildenlöw - Chitarra, voce, basso
Fredrik Hermansson - Piano, tastiere
Johan Hallgren - Chitarra, seconda voce
Léo Margarit - Batteria, seconda voce

“Silencieusemente nous allons,
Silencieusement nous passons.


Pur rimanendo sempre su certi lidi Progressive Metal i Pain Of Salvation non sono mai stati un gruppo statico, uno di quei gruppi che preferisce la formuletta pronta al posto di sperimentare o meglio, rinnovare il proprio sound. In ogni loro album, al di là dei concept, c'è qualcosa di nuovo, qualcosa che nell'episodio precedente non avevamo, quel qualcosa che fa risultare tutti i full-length allo stesso tempo diversi eppure collegati tra di loro da un filo conduttore che potevamo sentire sempre nella loro musica, sempre influenzata da vari generi e da vari stili. La vera "sperimentazione" forse è iniziata con Be, album che io trovo più che mai vicino alla perfezione che però non è stato sempre accolto bene; sarà per la sua complessità, sarà per la musica Folk che prima era poco presente e per i canti gregoriani o gospel mai sentiti prima che ci riportavano ad un'atmosfera quasi sacra, uniti alla componente progressive che passava in questo caso un po' in secondo piano, ma Be ha fatto discutere anche se ha dimostrato più di qualsiasi altro album che i Pain Of Salvation non si fermano davanti a nulla e che a loro poco importa di fare e di dare la pappa pronta al pubblico. Con il successivo e controverso Scarsick io ho recepito lo stesso messaggio, anche se molti avranno ricevuto l'opposto. Il suo stile parodico un po' Nu e, in certi casi, volutamente Dance non ha fatto sì che molti interpretassero giustamente la forte critica di quest'album inferiore a Be ma sicuramente buono.

Insomma, un cambio di rotta lo avevamo già da un po', già da Be volendo stare a guardare, ma di certo io non avrei mai immaginato arrivasse, con Road Salt One, ad un Blues Rock già sentito tante volte con qualche influenza progressive. La banalità non era mai stata fino ad ora concepita dai PoS (abbreviamoli così), e se venne fatto, fu apposta. Road Salt One era ed è banale e sostanzialmente non dice nulla di particolare. Prima gli album sembravano così coesi anche al loro interno, come se tutte le canzoni fossero legate anche musicalmente oltre che concettualmente. È vero che non è propriamente un concept e che, a detta di Daniel, è come se raccontasse tante storie diverse, ma in Road Salt One ogni canzone sembra a sé stante, senza un perché e senza uno scopo particolare. Un'esperienza mai così deludente che minacciava di ricompiersi una seconda volta con Road Salt Two che, già dal nome lo capiremo, è il successore, anche ideologicamente, del suo predecessore.


Tuttavia, se, come abbiamo già detto, il primo capitolo di questi due episodi era banale (non mi stancherò mai di dirlo) e anche poco ispirato, da subito si sente che la seconda parte di questa "avventura musicale" è diversa dalla precedente, come si intuiva da subito, del resto, già dai primi ascolti, che Road Salt One avrebbe deluso. Two (intendiamoci così per non stare a riscrivere ogni volta tutto il titolo), pur seguendo grosso modo le coordinate musicali di One, se ne dissocia e, pur avendo questa sensazione inconsciamente, lo si nota subito e ne si è certi. Già solo il fatto di avere nell'album un'introduzione ed una conclusione solamente strumentali che riprendono la stessa melodia lasciando intendere un perpetuo collegamento tra l'inizio e la fine ci fa capire e pensare che sia un po' più ragionato rispetto al precedente e sembra nettamente più sensato e meno lasciato al caso. Se ne ha una vaga impressione anche leggendo i testi e, quindi, dal punto di vista ideologico-concettuale. Le tematiche sembrano ricollegarsi a quelle di The Perfect Element I, paventando un ritorno ai vecchi cari concept infiniti e immensi. Ma questa probabilmente è più una speranza che la realtà dato che Daniel ha espresso l'intenzione di distaccarsi ed allontanarsi in tutti i campi e in tutti i sensi dai suoi precedenti e immani lavori. Two è anche un lavoro che richiama un po' Be e Scarsick, di cui abbiamo già parlato, anche sotto l'aspetto musicale grazie a quelle atmosfere lievemente Folk (To The Shoreline), sentite anche nel mio preferito tra i loro album, ed ha anche quella controversia e, sotto certi aspetti, anche quella "sperimentazione" tipica di Scarsick che ci porta ad avere basi in valzer con strani suoni ed effetti e brevi accelerazioni distorte (Break Darling Break), quasi come se i PoS ricercassero la cacofonia ma, pur parlando di cacofonia, non posso far altro che apprezzare questa brama del particolare, del dettaglio, che da sempre caratterizza gli svedesi e che si era così tanto persa in One che, per quanto mi riguarda, non raggiunge la sufficienza se non per l'episodio della sublime Sisters che da sola non riesce però a riscattare tutto l'album.


Purtroppo non sono ritornati quegli episodi così catartici regalatici da Daniel che, pur facendoci dono come al solito di una distinta prova vocale, non ci regala più quei momenti così intensi ed emozionanti che si trovavano così spesso in The Perfect Element I o in Remedy Lane ma anche, in generale, negli altri album prima di Be. La voce del cantante, principale marchio di fabbrica della band, non esplode più in quei momenti così travolgenti anche se comunque sembra ricercare a volte la cattiveria e l'incisione (Mortar Grind) e altre volte la dolcezza e il mistero (The Physics Of Gridlock, la canzone che più si ricollega ai precedenti della band e che con la sua divisione in tre parti e la sua superiore lunghezza rispetto alle altre tracce è anche l'episodio più Prog dell'album).



Nel complesso è un disco sicuramente più Prog ma soprattutto più elaborato e congegnato del precedente e si fa anche apprezzare. Non si può di certo gridare al ritorno dei PoS e, d'altronde, farlo sarebbe una cosa stupida. I PoS come una volta non esistono più da un po' e non penso (e spero) esisteranno più. Riavere un album sulle coordinate di qualsiasi altro già pubblicato, dal primo all'ultimo, sarebbe ciò che prima ho chiamato "preferire la formuletta pronta al posto di sperimentare o meglio, rinnovare il proprio sound" e, oltre a non aspettarmelo da loro, non auguro ad un gruppo che ho imparato ad amare come loro una fine del genere. Forse si potrebbe gridare ad un parziale o comunque iniziale ritorno alla mentalità dei buoni vecchi PoS, sempre così attenti ad ogni particolare e ad ogni aspetto di ogni canzone e di ogni album. Si potrebbe sperare in un futuro ritorno di tutto ciò che si era perso con Road Salt One, seppure in chiave decisamente diversa, ma ciò mi farebbe estremamente felice comunque.



Non un capolavoro, ma di sicuro un buon album.



75/100

1 commento:

  1. Sai cosa? Ora ritocco le mie e le faccio con la stessa formattazione. Pare la primissima che feci io, wow.

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