09 gennaio, 2012

Arctic Plateau, On A Sad Sunny Day (2009)


  1. Alive - 03:12
  2. On A Sad Sunny Day - 07:55
  3. Lepanto - 04:50
  4. Ivory - 05:52
  5. In Epica Memories - 04:03
  6. Amethyst to #F - 06:58
  7. Iceberg Shoegaze - 04:47
  8. Coldream - 07:06
  9. Eight Years Old - 03:09
  10. Aurora In Rome - 04:04
  11. In Time - 21:06

Gianluca Divirgilio - Voce, chitarra
Fabio Fraschini - Basso
Cesare Petulicchio - Batteria

Per me questa recensione è difficile. Non trovo gusto nel recensire lavori che non abbia cercato con scrupolo tra i più articolati da tradurre in parola. Ma qua, è davvero difficile. Questa musica, al di là dell'etichetta applicata per pura consuetudine, è proprio quella che cancella le parole dalla mente, che si fa spazio senza il minimo sforzo in essa, e che quindi esplode in tutto il suo bagaglio emotivo.


Raramente mi sono imbatutto in composizioni capaci di elargirmi un simile flash psicologico. La difficoltà più grande nel fare musica è forse la capacità di imbottirla dell'emozione prefissata. Specie se particolare come quella scelta da Gianluca Divirgilio, alias Arctic Plateau. Un giorno estivo, solitario e malinconico. Mentre la luce del sole di mezzogiorno irradia calore lucente sull'irregolare superfice dell'ambiente, l'anima resta nell'ombra, inesorabilmente incatenata ai sensi e alla mente.
L'intera opera, tenuta dietro gli spalti per anni dal compositore prima di essere data in pasto alla critica, si presenta a noi con questa particolare attitudine sin da subito. Basti pensare all'intensa opening track, Alive, e si entra in questa dimensione celeste. La rimembranza di un rimpianto che pareva ormai essere dimenticato, l'afflizione urlata, l'inevitabile tristezza. Il tutto, mentre intorno a noi è l'intimità e il calore.
Questa funzione emotiva suddivisa è incessante per tutti i settantatre minuti di musica che è. Inutile chiedersi se On A Sad Sunny Day sia la luce velata di nero o la tenebra avvolta di luce. Poiché è entrambe le cose. Ogni canzone è carica un'energia solare e malinconia. Ogni canzone è un frammento di un passato rassegnato e vissuto.

In questa estasi così ottenuta è altrettanto piacevole notare come sia l'opera leggiadra ed elegante, ma senza ulteriore bisogno di approfondimenti, appassionatamente rabbiosa. Infinito è lo spazio concesso alla propria mente di divagare tra i propri saperi empirici sgradevoli o confortanti, ma anche altrettanto vasta, la voce quasi mistica che comunichi la costante luminosa presenza di questo paesaggio dall'orizzonte bianco, che nonostante ci si ritrovi avvolti nella treccia di pensieri dalle sfumature pià varie, dona sempre e comunque l'opportunità di sorridere. Incredibile.
Proprio come questo album, volgio che queste righe siano spensierate ma abbattute, leggere ed incisive. Posso solo provare compassione per chi non prova questo tipo di pace.

80/100

Nessun commento:

Posta un commento